50 (sfumature di…) Best Bars

50 Best Bars è la madre di tutte le classifiche in ambito cocktails&mixology: da alcuni dei “suoi figli” bartenders è sublimata, da altri è denigrata, e alla fine fa sempre parlare di sé. Proviamo a fare ordine

Se la classifica dei “50 Best Bars” esistesse dal 1800, probabilmente staremmo assistendo da 200 anni e passa ad un susseguirsi di concitate discussioni, strenue apologie o sfrenati attacchi. Per fortuna il premio è stato istituito “solo” nel 2009, che per il nostro settore commerciale rimane comunque un’era geologica fa.
E, puntuale come un orologio svizzero, anche in questo 2023 è giunto il tempo della prestigiosa classifica annuale dei migliori bar al mondo: la grande cerimonia si è tenuta in pompa magna – per la prima volta nella sua storia in Asia, a Singapore – lo scorso 17 ottobre.
Per riconoscere e celebrare l’eccellenza nell’industria dei cocktail e dei bar – impresa non delle più semplici – la lista è compilata da una giuria internazionale di esperti del settore, tra cui giornalisti, critici gastronomici, bartender di rilievo e altre influenti figure della bar industry.

I bar vengono valutati in base a diversi criteri, tra cui la qualità dei cocktail, la creatività dei mixologist, l’atmosfera, il servizio e l’innovazione, portando alla luce quella lista finale dei “50 Best Bars” che rappresenta una panoramica dei migliori locali del mondo dove è possibile gustare cocktail eccezionali e sperimentare le ultime tendenze nel mondo beverage.
La classifica annuale è un momento molto atteso nel mondo dei cocktail lovers perché rappresenta una grande opportunità per scoprire nuove destinazioni da visitare per gli appassionati di mixology di tutto il mondo; d’altro canto, venire inclusi tra i “50 Best Bars” rappresenta un grande onore per i locali, anche perché spesso fattore di notevole aumento della popolarità e del flusso di clienti.

Tutto qui?!
Ma allora da cosa nasce (e perché nasce!) la diatriba che, ogni anno, puntella come una costellazione la celebrazione dell’evento? Si aspetta la classifica dei 50 Best come si aspetta “Una poltrona per 2” a Natale, ma ci chiediamo: lo si fa tanto per parlare
Se sono chiacchiere da bar(tender) è un conto, ma se si parla di lavoro, è un fenomeno che va analizzato in quanto tale: per questo motivo, tocchiamo di seguito alcuni dei topic fonte di maggior dibattito e discussione, e proviamo a dire la nostra.
Perché non basta dire che “è tutto un magna magna”: qui, al massimo, è tutto un bere bere, fatto di professionisti, studi, trend setter. E a vedere sempre il magna magna, si può persino restare a digiuno, mentre a volte di fronte al buffet bisogna buttarsi… o semplicemente girarsi dall’altra parte – perché, alla fine, comprendiamo e capiamo le opinioni di tutti.

Marc Alvarez di Sips Barcelona, il locale vincitore della classifica di quest’anno, presente a Mixology Experience 2023, tornerà nel 2024 a trovarci nell’edizione di marzo

Il primo aspetto, da tenere bene a mente, è che “50 Best Bars” è un marchio forte, che di sua natura fa parlare, come può farlo (con le debite proporzioni) il premio Oscar o Sanremo. E non fa parlare “purché se ne parli”: fa parlare perché tutto è magnificamente concepito, dall’hype che si crea pre-classifica alla serata di premiazione; fa parlare perché il budget in gioco è importante e fa parlare perché il clima che viene a crearsi tra i premiati è quello che si instaura in una community vera, fatta di professionisti che lavorano sodo e che si rispettano vicendevolmente.
In secondo luogo, garantisce durante la serata delle public relations di altissimo livello, come forse nessun altro evento one-shot può ambire a fare nel mondo mixology: ricordiamo che le pr sono un lavoro ben ripagato se svolto seriamente, in grado di portare grandi risultati. Forse, quindi, è stucchevole e poco utile discutere se un locale sia in lista o meno “grazie a” quel tipo di lavoro – come fosse una via breve e una scorciatoia verso il successo. Non saranno mai “solo le pr” a garantire una crescita, ma non abbiamo mai visto una crescita “senza le pr”. Non sarebbe più utile, in questo senso, analizzare come un luxury bar di un hotel 5 stelle extralusso possa essere nella lista, trovandosi così a confrontarsi con cocktail bar partiti magari dall’essere dei pub – trasformatisiti poi legittimamente in qualcos’altro? È forse questa la distonia più grande a cui molti si attaccano? Immaginiamo quindi che questa grande differenza di categorie non venga vista come fattore premiante e di stimolo per l’ambizione,  ma che in realtà si mal interpreti come “confusione tra le parti”, forse perché altre classifiche, altrettanto note, di questa estrema differenziazione ne fanno una bandiera (miglior hotel 5 stelle – miglior pub – miglior beach cocktail bar, etc).

Ago Perrone e Giorgio Bargiani tengono un workshop durante uno dei nostri eventi. Alle loro spalle, una foto del team del The Connaught Bar, forse il locale più presente nella lista da quando è nata.

Altro tema delicato: quello dei punteggi. Si parla di una classifica che non pubblica punteggi – dai servizi alla qualità dei drink, passando per quella dei bagni – ma che piuttosto guarda alla percezione di tutta l’armonia complessiva del locale. E la “armonia complessiva” include anche l’immagine che si dà di sé a livello di impatto comunicativo e di presenza sui canali social: come si può pensare che i social non siano un elemento cardine in questa fase storica? Di nuovo, dunque, invece di critiche sotto traccia o attacchi frontali (proprio sui social stessi), non sarebbe più utile comprendere al meglio come questi mezzi funzionino e cosa siano in grado di generare, così da saper cogliere – per le sorti e il successo di un locale – il vero valore economico sotteso al tutto, rispetto all’ambizione personale?
La prova del fatto che il circuito ed il sistema di connessioni conti e impatti come (o più) dei reali valori in campo l’abbiamo davanti agli occhi da tantissimo tempo: tanti locali, stabilmente in classifica nelle prime edizioni dei 50 Best, non si sono adeguati ai ritmi social, non si sono affidati a grafici e social media manager (o semplicemente non lo sono diventati loro stessi), non hanno comunicato il proprio storytelling seppure fossero stracolmi di potenzialità e ne avessero da vendere in questo senso. A ben guardare, nella lista non appaio locali cosiddetti “storici” e non vediamo bar che hanno 100 anni (ma nemmeno 50 o 30!): tutto questo, però, non rappresenta un fattore discriminante della lista, perché i locali che la compongono sono popolati di ragazzi che lavorano sodo ogni giorno per garantire alla loro clientela abituale il servizio, fino a dedicare il loro tempo libero (e quindi una parte di sé stessi) al lavoro sottotraccia, che non si vede, ma che forse in questa classifica trova per alcuni il riconoscimento più gratificante.
Ancora uno spunto: essere nelle liste dei 50 Best Bars (come per le stelle Michelin di un ristorante) non è “vana gloria”, ma porta vantaggi economici importanti che rappresentano una manna dal cielo per il conto economico di una attività. Ovviamente… per chi sa comprenderli e sfruttarli: ci sono infatti stati casi in cui invece questi vantaggi, mal gestiti, hanno portato addirittura a chiusure. Non si può ridurre la complessità di un processo commerciale provando a interpretarlo utilizzando come chiave di lettura un solo risultato dirimente, come lo è il tempo per una gara dei 100 metri. Nel nostro contesto, a favore di paragone dobbiamo essere in grado di analizzare le tutine con cui corrono i concorrenti, le scarpe che usano, lo stile della corsa, e addirittura guardare a un secondo livello di analisi, che osserva in che modo festeggiano i vincitori, le collanine rituali che tengono durante la gara e in che modo hanno portato i capelli durante lo sprint.

Ora passiamo ad un tema sempre vivo e caldo: e gli italiani? Come sono andati?
Quante volte lo abbiamo detto, come Bartender.it fin dal lontano 2006: siamo forti, nell’ospitalità ci sappiamo fare, e ovviamente il confronto e l’azione all’interno del mercato internazionale ci aiuta a migliorare, smussa alcuni dei nostri angoli spigolosi e ci permette di esprimerci spesso al meglio. Potremmo dunque fare meglio? Siamo i primi che pensano che in quella classifica ci possano essere almeno altri 500 locali nel mondo ed almeno altri 10 italiani, vere e proprie eccellenze per il nostro settore. Ci sono hotel italiani che sono nei top di altre classifiche, se vogliamo anche più blasonate rispetto agli standard da rispettare per i 50 Best Bars. Serve però essere consapevoli del fatto che siano circuiti diversi: durante MIxology Experience 2023 si è parlato con ospiti illustri proprio di Michelin, 50 Best e “Forchette” ed è apparso chiaro che un ristorante 3 stelle Michelin ed un cocktail bar di livello non siano poi così confrontabili.

Alessandro Zana, Alberto Toè, Agostino Perrone e Giacomo Sai durante il seminario “L’eccellenza nell’hospitality: confronto tra i mondi del bar e della ristorazione” di MIxology Experience 2023

Capitolo sponsor: come è possibile, nel 2023, anche solo pensare che non contino nel contribuire a plasmare una lista del genere? Solo qualcuno che vive nel mondo dei Loacker (cit.) potrebbe pensarlo, ma andando oltre a questa ovvietà occorre capire che gli sponsor non decidono chi sarà in lista e chi no: gli sponsor possono amplificare, far sentire la propria vicinanza e spesso anche consigliare (nel sano clima di collaborazione commerciale) un locale che punta a questi titoli, ma il lavoro da fare rimane al locale e – come abbiamo detto – agli uomini e alle donne di riferimento che lo compongono. A volte c’è una faccia sola, spesso un team, altre volte ancora ci sono titolari illuminati, ma è importante ricordarsi che i locali non sono tutti uguali.

E poi, per carità, saremmo sciocchi a negarlo… ci sono i fake. Li abbiamo visti: meteore, comete che passano e poi spariscono, vanno e vengono. Ma il cielo è fatto anche di questo, no?
Vogliamo negare al cielo di essere cielo, ed allo spazio di essere una grande pattumiera?

To be continued  

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