AGO PERRONE: ICONA DI STYLE,
AND DON’T FORGET THE SMILE!

Fra i fondatori di Bartender.it, con Ago Perrone giochiamo in casa… ma lui ci proietta nel mondo. Pochi bartender sono “sinonimi” del proprio cocktail bar come lui lo è del Connaught: da 15 anni al timone del 2 volte World’s Best Bar, è diventato una figura di riferimento nella nuova era dei moderni hotel bars. Conosciuto per i suoi drink che allargano i confini della classicità, è stato nominato Industry Icon ai World’s 50 Best Bars 2022.

Ricordi le tue sensazioni ai primi eventi di Bartender.it? Ti accorgevi che stavi contribuendo a cambiare la storia della miscelazione in Italia?
Sono sensazioni indimenticabili. Per la gioia che provavo nel rientrare in Italia e ritrovarmi con amici e colleghi, ma anche per la soggezione che sentivo tornando da Londra. Mi sono sempre sentito parte della community di bartender italiani e ricordo ancora quella sensazione di esser percepito come “il londinese” quando tornavo all’epoca. Ho sempre stimato tantissimo il nostro settore in Italia, la conoscenza e la passione dei colleghi e contribuire tramite gli eventi di Bartender.it è stato un onore. Per non parlare poi dell’emozione di cominciare a lavorare con Dario e Dom, era indescrivibile.

Dal 2006, più o meno l’arrivo di Facebook in Italia che è coinciso con l’anno di fondazione di Bartender.it cosa, quale idea, concetto – non persone in particolare – ma trend, ha cambiato in Italia il mondo dei cocktail bar?L’Italia si è aperta a una certa internazionalità in senso largo. Più prodotti, ingredienti più esotici, e più piattaforme di scambio, dai social a Bartender.it. Questo è stato un connubio vincente e che negli anni ha alimentato il progresso per il settore italiano, portando ospiti internazionali in Italia e portando l’Italia sempre di più all’estero.

Cosa ti piace dirci o ricordare di Dom Costa, primo bartender italiano a connettere il mondo dei cocktail italiani con il mondo della miscelazione mondiale negli ultimi 30 anni?
Dom è stato il primo professionista a connettere i bartender italiani con i bartender all’estero. Per la nostra generazione è stato un mentore ma anche un amico e un familiare. Mi piace ricordare la sua passione e il suo orgoglio per il made in Italy, che fossero prodotti, bar o persone. La tenacia con cui Dom si è sempre battuto e con cui ha difeso la nostra professionalità e reputazione è degna di nota. Tanto serio quanto voglioso di scherzare, è stato un esempio e spero continui ad esserlo per molti ancora.

Ti piace stare in sala oltre che dietro al banco e perché?
Muovendomi fra Martini trolley e sala mi permette di avere un’esperienza completa e che si declina sempre in maniera diversa per soddisfare i bisogni del team e dei nostri ospiti.

Torneresti (… o tornerai!), prima o poi, a lavorare in Italia? Perché si e perché no?
Lo spero.

In quale altra città del mondo (rispetto a quella in cui sei ora) vorresti andare a lavorare full-time?
Città del Messico per la passione e la cultura, ma anche Zurigo per l’atmosfera incantata del lago e della città. Due città diametralmente opposte ma ugualmente affascinanti.

Quanto può crescere ancora la tua città in termini di miscelazione e – più in generale – in termini di ospitalità?
Londra non si ferma mai.

Oltre al tuo, hai almeno tre bar preferiti (escludendo quelli dei Magnifici 7!)?
Due a dire il vero, Sul Lago di Como, l’Hemingway e Fresco Cocktail Bar. A Londra il nuovo Kwant di Erick Lorincz. E poi nel terzo posto del cuore, Guadalajara, la Cantina La Fuente.

Dicci un aggettivo per ciascuno degli agli altri Magnifici 7!
Giannotti: passionale. Frezza: riflessivo. Caporale: coinvolgente. Pistolesi: visionario. Catino: entusiasta. Palazzi: iconico.

C’è qualcosa che non rifaresti? Qualcosa di cui ti sei pentito nella tua vita professionale, aldilà che tutte le esperienze portano a dove si è ora…
C’è qualcosa che farei, o che farei di più o per più lungo tempo, ovvero prendermi cura del corpo e della mente fin dai primi giorni di bartending.

Per superare gli stereotipi dell’italiano all’estero (stile “pizza, pasta e mandolino”), pensi sia meglio mostrare come si fa un Negroni a regola d’arte, oppure… cambiare cocktail?
Fare un bel twist, inaspettato, sul Negroni.

Un piatto preferito da mangiare e uno da cucinare a casa
Pizza fuori, tacos a casa.

Nel tempo libero: rifugio in montagna? Bungalow al mare o rustico in campagna?
Villa in collina con vista mare?

Sei ambassador ufficiale di qualche brand?
Se vogliamo considerare l’ospitalità un brand, allora sì, assolutamente! Scherzi a parte, lavoro con molti brand e persone con cui ho costruito rapporti longevi e di fiducia reciproca e con cui condivido molti valori.

C’è qualcuno che consideri il tuo Maestro? E qualcuno che ti considera il suo?
Sono tante le persone che mi hanno ispirato e insegnato a livello professionale e personale. Probabilmente non basterebbe una pagina per menzionarle tutte. Quando incontro queste persone, la gioia e l’ammirazione che provo mi fanno capire l’importanza che io posso avere per i ragazzi che ho formato con me.

Anche a te, da piccolo, avranno fatto la solita domanda “cosa vuoi fare da grande”. Tu cosa rispondevi?
Il fotografo.

Si parla tanto di intelligenza artificiale: nel tuo lavoro, cosa lasceresti fare ad una macchina e cosa non gli lasceresti mai?
Lasciamo la cassa per stampare scontrini alle macchine e l’ospitalità agli umani.

Al tuo livello, il mondo del bartending si rivolge ad un target “alto”. Ti piacerebbe “aprire” le tue creazioni anche a chi ha meno possibilità? E come lo faresti? Dopotutto se Bottura si è inventato i Refettori…
Probabilmente insieme ai cocktail sceglierei la fotografia come mezzo di espressione creativa per comunicare a 360 gradi e dare qualcosa di concreto e comprensibile a tutti.

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