ALEX FREZZA: UN CREATIVO IN BIANCO…
DIETRO AL BANCO

Da vero “steward dei cocktail” mette in mostra l’ospitalità napoletana presso L’Antiquario, ormai riconosciuto come uno dei migliori bar al mondo. Rigorosamente accompagnato dalla sua giacca bianca, Alex Frezza vive per rendere il bartending una professione onorevole, a cui dedicarsi fino alla pensione “con orgoglio e soddisfazione”.

Quale è stato il tuo primo approccio a Bartender.it? Ti ricordi il tuo primo evento organizzato da noi a cui hai partecipato?
Molti anni fa, al primo Agave Experience organizzato all’Yguana Cafè a Milano. Ero venuto appositamente da Napoli solo per quello: a quel tempo incontrare le persone influenti e importanti della nostra industry era difficile e occasioni del genere erano piuttosto rare. Un bellissimo ricordo con Dom Costa, Julio Bermejo e altri produttori di tequila, oltre che i bartender da tutta Italia.

Dal 2006, più o meno l’arrivo di Facebook in Italia che è coinciso con l’anno di fondazione di Bartender.it cosa, quale idea, concetto – non persone in particolare – ma trend, ha cambiato in Italia il mondo dei cocktail bar?
La consapevolezza che quello dei cocktail bar fosse un trend globale e che all’improvviso si avesse accesso a ciò che facevano i tuoi colleghi in giro per il mondo, praticamente in tempo reale e non leggendo una rivista o un libro stampato mesi o anni dopo.

Che ricordo hai, se lo hai, di Dom Costa, primo bartender italiano a connettere il mondo dei cocktail italiani con il mondo della miscelazione mondiale negli ultimi 30 anni?
Di Dom ho un ricordo molto personale: lo incontravo spesso per grandi eventi e manifestazioni in tutta Italia, ma mi stava particolarmente a cuore incontrarlo quando veniva a Napoli per il Tattoo Fest, allo stand di un brand di rum. Ogni anno andavo lì solo per salutarlo, fare due chiacchiere e bermi uno shot di rum speziato. Una situazione totalmente fuori contesto e simpatica, in cui con Dom mi facevo sempre un sacco di risate.

Cosa cambieresti o progetteresti del locale in cui lavori?
I bagni. Li farei come quelli di un sommergibile atomico.

Ti piacerebbe avere un locale tutto tuo, in cui “decidi”, pensandolo, costruendolo (… e mettendoci i soldi) per fare tutto da solo?
Sarebbe un sogno. Partirei sempre dal progettare i bagni. Vero perno nevralgico intorno a cui ruota qualsiasi attività che vende alcol.

Ti piace stare in sala oltre che dietro al banco e perché?
Io sto principalmente in sala. Il bar è sopravvalutato nel mondo dell’ ospitalità: in sala si interagisce meglio con i clienti, si leggono meglio le loro esigenze. Dal bar si ha una prospettiva fissa sul cliente, dalla sala si vedono il movimento e i flussi della gente, fondamentali per capire certi meccanismi.

In quale altra città del mondo (rispetto a quella in cui sei ora) vorresti andare a lavorare fulltime?
Sydney. Ci sono stato di recente ed è stato il primo posto, in anni di viaggi, che mi ha dato questo stimolo. Altrimenti me ne resto a Napoli o sulla mia isola, Procida.

Quanto può crescere ancora la tua città in termini di miscelazione e – più in generale – in termini di ospitalità?
Non ci sono limiti, si può sempre fare di meglio. La crescita organica è un filo continuo: non è la meta su cui dobbiamo concentrarci, ma il processo. Ci vuole tempo e pazienza. Ho la consapevolezza di essere in questo processo e so che, ogni anno, riusciamo a migliorare qualcosa. La crescita più grande è quella del servizio e dell’ospitalità: abbiamo gia i prodotti migliori e le conoscenze per lavorarli; quello che fa la differenza ovunque, dalle pizzerie ai cocktail bar di hotel, è il modo in cui vengono servite le cose, l’attenzione al cliente, lo studio dei particolari e l’amore che si trasmette verso chi ti sceglie come destinazione.

Oltre al tuo, hai almeno tre bar preferiti (escludendo quelli dei Magnifici 7!)?
Harry’s bar di Venezia, il mio bar preferito al mondo. Per mille motivi, vi dico il più scemo: i tavoli a tre piedi. Schumman’s bar a Monaco: un colosso! Un bar che da cosi tanti anni fa miscelazione nella città della birra è un miracolo di per sè. Farlo con la qualità e lo standard con cui lo fanno… è una cosa straordinaria. Aguardiente a Marina di Ravenna: quando voglio ricordarmi cosa significhi “lavorare senza compromessi” vado da Jimmy e capisco quanto io sia una nullità.

Dicci un aggettivo per ciascuno degli agli altri Magnifici 7!

Ago Perrone: Granitico / Patrick Pistolesi: Carismatico / Stefano Catino: Cataclismico.  / Simone Caporale: Focalizzato / Allessando Palazzi: Eccellente / Giacomo Giannotti: Moderno

C’è qualcosa che non rifaresti? Qualcosa di cui ti sei pentito nella tua vita professionale, aldilà che tutte le esperienze portano a dove si è ora…
Tante, faccio fatica ad elencarle tutte. Rischierei di più se potessi tornare indietro.

Per superare gli stereotipi dell’italiano (stile “pizza, pasta e mandolino”), pensi sia meglio mostrare come si fa un Negroni a regola d’arte, oppure… cambiare cocktail?
Io vivo nella città degli stereotipi: gli stereotipi sono tutto, sono la prima cosa contro cui bisogna combattere o che bisogna confermare. I preconcetti negativi o positivi sono il primo bagaglio che ci portano i clienti. L’obiettivo è stupirli in positivo se sono negativi o confermarli se sono positivi. Un buon Negroni è sempre una partenza giusta: meglio partire dalle basi e poi crescere, che sparare subito alto.

Un piatto preferito da mangiare e uno da cucinare a casa
Da mangiare una bella gricia a Roma.  Da cucinare lo spaghetto aglio olio e limone.

Nel tempo libero: rifugio in montagna? Bungalow al mare o rustico in campagna?
Casa dei miei a Procida.

Sei ambassador ufficiale di qualche brand?
No, sono la donna di tutti. Mi chiamavano bocca di rosa.

C’è qualcuno che consideri il tuo Maestro? E qualcuno che ti considera il suo?
Ho pochi maestri: Sasha Petraske, Charles Schumann, Salvatore Calabrese forse tra i più importanti. Poi ho tanti esempi che sono più vicini a me: Patrick Pistolesi, Simone Caporale, Remy Savage, Martin Hudak, ecc.
Se qualcuno ha me come maestro, mi sento lusingato ma non sono mai stato bravo nella didattica. Al massimo posso dare l’esempio.

Anche a te, da piccolo, avranno fatto la solita domanda “cosa vuoi fare da grande”. Tu cosa rispondevi?
È passato così tanto tempo e ho cambiato così tante volte idea che non ricordo. Ho 38 esami in architettura e forse quella sarebbe stata una bella carriera…

Si parla tanto di intelligenza artificiale: nel tuo lavoro, cosa lasceresti fare ad una macchina e cosa non gli lasceresti mai?
Sono 3 mesi che cerco di far fare ChatGpt i turni del personale…. Ancora non ci sono riuscito. Quando la I.A. riuscirà a farmi i turni, allora mi preoccuperò del futuro dell’umanità. Fino ad allora, siamo al sicuro.

Al tuo livello, il mondo del bartending si rivolge ad un target “alto”. Ti piacerebbe “aprire” le tue creazioni anche a chi ha meno possibilità? E come lo faresti? Dopotutto se Bottura si è inventato i Refettori…
Ci ho pensato molto, soprattutto durante i lockdown. I mei amici chef erano coinvolti in tante iniziative positive e inclusive. Noi del bar non siamo mai stati considerati per nulla…. Mi rendo conto che l’alcol è un argomento che difficilmente si inserisce in certi meccanismi e che, per farlo, serve la mano di qualcuno veramente esperto, ma ho delle cose in mente e prima o poi le metterò in pratica.

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