SIMONE CAPORALE: UN FUORICLASSE DI…VERSO,
UN MODELLO DI… NUOVO

Nonostante rappresenti da sempre lo “standard” di bartender impegnato, Simone ha avuto un anno ancora più impegnativo del solito. Sips ha raggiunto il terzo posto nella classifica dei 50 Best Bars, ma… perché riposarsi proprio ora?
Di recente ha aperto Glass by Sips a Madrid e, soprattutto, ha riaperto il leggendario e quasi centenario Boadas a Barcellona. E continua a collaborare con brand di tutto il mondo.

Quale è stato il tuo primo approccio a Bartender.it? Ti ricordi il tuo primo evento organizzato da noi a cui hai partecipato?
Me lo ricordo come fosse ieri! Fu ad un lancio delle “Bols foam”, un progetto di arie commestibili a base di liquore della distilleria olandese Bols, organizzato alla terrazza Gancia a Milano. Ago Perrone mi chiese di venire a dare una mano nel preparare/sporzionare qualche assaggio durante la sua presentazione: quello fu il mio primo “lavoretto” fuori casa, visto che abitavo già a Londra. Mi dissero di preparare per 30 persone, poi ne arrivarono almeno 120. Una bellissima esperienza, anche perché in quell’occasione conobbi Luca Pirola e Dom Costa e… il giorno dopo persi il volo di ritorno. Ma questa la racconto nelle prossime domande.

Dal 2006, più o meno l’arrivo di Facebook in Italia che è coinciso con l’anno di fondazione di Bartender.it cosa, quale idea, concetto – non persone in particolare – ma trend, ha cambiato in Italia il mondo dei cocktail bar?
Si potrebbe riassumere così: la consapevolezza sul (e da parte del) resto del mondo.

Che ricordo hai, se lo hai, di Dom Costa, primo bartender italiano a connettere il mondo dei cocktail italiani con il mondo della miscelazione mondiale negli ultimi 30 anni?
Conobbi Dom quel giorno in cui ero a Milano per aiutare Ago. Mi accorsi subito di quanto Dom fosse (“sia”, perché non voglio usare il passato) una persona molto carismatica e colta. Quella sera, dopo il lavoro, andammo in una trattoria in Brera a mangiare il risotto con l’ossobuco, per poi spostarci al Cinc dove Dom mi fece ciò che chiamò” il battesimo”. Mi mise in ginocchio e aprì una bottiglia di Herradura tequila. Gli chiesi, per favore, di farmi bere poco perché il volo di ritorno sarebbe stato l’indomani mattina presto, e non avrei voluto perderlo. “Il volo lo hai già perso”, mi disse Dom… e cosi fu. Persi l’aereo perchè non sentii la sveglia. Dom può leggere il futuro, o almeno il mio. E questo lo porterò sempre con me.

Cosa cambieresti o progetteresti del locale in cui lavori?
Cambierei l’orario in cui arriva il flusso di persone. Sips e Boadas sono due bar piccoli, non vanno oltre le 30 persone di capienza. In certi orari abbiamo 30 persone sedute e altre 70 fuori in coda che aspettano di entrare. Sarebbe bello dare a tutti la possibilità di entrare senza dovere aspettare, però non ingrandirei mai il bar: dalla botte piccola esce il vino buono.

Ti piacerebbe avere un locale tutto tuo, in cui “decidi”, pensandolo, costruendolo (… e mettendoci i soldi) per fare tutto da solo?
In realtà ce l’ho, si chiama Sips. C’ho messo i miei risparmi e gran parte delle mie idee.

Ti piace stare in sala oltre che dietro al banco e perché?
Amo molto la sala: in 2 anni ho lavorato in postazione forse 3 volte. Peraltro, Sips non ha il bancone, quindi… “sei sempre in sala”.

Torneresti (… o tornerai!), prima o poi, a lavorare in Italia? Perché si e perché no?
Non si sa mai cosa ci riserva il futuro… dovrei chiederlo a DOM!!

In quale altra città del mondo (rispetto a quella in cui sei ora) vorresti andare a lavorare fulltime
Sono così concentrato a Barcellona che nella mente non mi è ancora venuta la necessità di pensare ad un’altra città. Ho investito un capitale importante nella città negli ultimi 5 anni, voglio stare qui e prendermene cura…

Quanto può crescere ancora la tua città in termini di miscelazione e – più in generale – in termini di ospitalità?
C’è sempre spazio e bisogno di crescita. Poi ogni 5 anni c’è una generazione nuova di colleghi… e bisogna rinfrescare sempre le idee.

Oltre al tuo, hai almeno tre bar preferiti (escludendo quelli dei Magnifici 7!)?
Il mio non lo preferisco, sarebbe troppo soggettivo il pensiero. Ne riconosco le diversità, pregi e difetti. Comunque mi piacciono molto: Cafe la Trova di Miami, il Camparino di Milano, il Connaught di Londra, Dante di New York… Insomma, una vita non basta per vivere tutti i bei bar.

C’è qualcosa che non rifaresti? Qualcosa di cui ti sei pentito nella tua vita professionale, aldilà che tutte le esperienze portano a dove si è ora
Non ho pentimenti sulle cose… ho sempre imparato dai miei sbagli e soprattutto dagli sbagli delle altre persone.

Per superare gli stereotipi dell’italiano all’estero (stile “pizza, pasta e mandolino”), pensi sia meglio mostrare come si fa un Negroni a regola d’arte, oppure… cambiare cocktail?
Per superare gli stereotipi devi dimostrare al mondo di essere un professionista con una visione vera e propria, costante, senza mai abbassare la qualità delle cose che fai. Solo così facciamo capire che non siamo un gruppo di ragazzini che vanno a ubriacarsi durante i guest-bartender. Il rischio poi sarebbe quello di abbassare il nostro “valore sul mercato” e non è il caso – soprattutto considerando che i bartender/colleghi del settore sono i meno pagati in tutta la catena del beverage. Però, senza di noi cosa succederebbe?
Riassumendo: dobbiamo dare valore a quello che facciamo, mai lavorare gratis e mai metterci in ginocchio.

Un piatto preferito da mangiare e uno da cucinare a casa
Tutto. Mi piace tutto! Sono bravo ai fornelli, ma ora vivo da solo e cucinare solamente per me non mi piace.

Nel tempo libero: rifugio in montagna? Bungalow al mare o rustico in campagna?
Foresta Amazzonica tutta la vita. Comunque in questo momento non ho tempo libero, farò sì e no 1 giorno al mese in cui non viaggio o non vado a Sips o Boadas.

Sei ambassador ufficiale di qualche brand?
Sì, dei brand di cui faccio parte finanziariamente: Canaima Gin, Amaro Santoni, Muyu Liquers.

C’è qualcuno che consideri il tuo Maestro? E qualcuno che ti considera il suo?
I miei maestri sono senza dubbio: Ago Perrone, Salvatore Calabrese, Alex Kratena, Ferran Adrià, Marc Alvarez. Ho adesso e ho avuto nel passato il privilegio di fare delle cose assieme a loro.

Anche a te, da piccolo, avranno fatto la solita domanda “cosa vuoi fare da grande”. Tu cosa rispondevi?
Volevo fare il pompiere, poi il pilota di Formula Uno… e poi sono diventato un bartender, che è ancora più figo di tutti gli altri mestieri.

Si parla tanto di intelligenza artificiale: nel tuo lavoro, cosa lasceresti fare ad una macchina e cosa non gli lasceresti mai?
Ad una macchina farei lavare i bicchieri e asciugarli e con una stampante 3d faciliterei la creazione di nuove forme per il bar. Ma il resto ritengo sia meglio che esca dal cuore e dalla testa delle persone… funziona sempre, e negli anni ne ho sempre avuto dimostrazioni.

Al tuo livello, il mondo del bartending si rivolge ad un target alto. Ti piacerebbe “aprire” le tue creazioni anche a chi ha meno possibilità? E come lo faresti? Dopotutto se Bottura si è inventato i Refettori…
Secondo me, il bartending non ha classe sociale. Un cocktail a 5 € può essere altrettanto sofisticato di un cocktail a 30 €. È ovvio che il cocktail (o semplicemente andare al bar a prendere un caffè) fanno parte di un privilegio e non sono nulla di essenziale. Non farei mai un “refettorio del bar”, ma farei il possibile per fare avere acqua potabile a chi non ce l’ha nel mondo… quello sì che sarebbe molto bello. Poi si torna al bar, si prepara un cocktail e si coinvolgono più persone nel fare la stessa cosa. Il bar non è mai fine a se stesso, è un posto dove devono accadere altre cose.

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