STEFANO CATINO: ITALIANO
FINO IN FONDO,
ALL’ALTRO CAPO DEL MONDO

Stefano Catino ha (già) avuto un grande 2023. Mente e corpo dietro al Maybe Group – che comprende il Maybe Sammy, miglior bar australiano fra i 50 Best – ha supervisionato l’acquisizione del gruppo da parte del Public Hospitality Group, di cui è ora director of hospitality. Ha lanciato il chiacchieratissimo El Primo Sanchez, ha ospitato a Sydney 16 dei 50 Best Bars per il Maybe Cocktail Festival ed è stato nominato “Australia’s most in­fluential bar figure” dalla rivista Australian Bartender.

Quale è stato il tuo primo approccio a Bartender.it? Ti ricordi il tuo primo evento organizzato da noi a cui hai partecipato?
Si tratta di un evento a Milano, nel lontano 2010. Ricordo che c’erano Dom Costa e Agostino Perrone, Alex Kratena e tutti i ragazzi del Jerry Thomas di Roma. Io era appena rientrato da 2 anni in Australia, ero curioso di vedere cosa si diceva (e si faceva) in Italia e lì… trovai subito il meglio.

Dal 2006, più o meno l’arrivo di Facebook in Italia che è coinciso con l’anno di fondazione di Bartender.it cosa, quale idea, concetto – non persone in particolare – ma trend, ha cambiato in Italia il mondo dei cocktail bar?
Purtroppo in quegli anni ho cominciato a viaggiare. Dell’Italia ricordo poco, ma ho bene a mente che volavo a Londra per vedere cosa faceva un certo… Ago Perrone.

Ti piacerebbe avere un locale tutto tuo, in cui “decidi”, pensandolo, costruendolo (… e mettendoci i soldi) per fare tutto da solo?
Ne ho 5, bastano? 😉

Cosa cambieresti o progetteresti del locale in cui lavori?
Beh, i locali in cui lavoro li ho fatti io! Non cambierei niente, ma penso che tutti i locali, per essere davvero funzionali, dovrebbero ospitare il nostro lavoro per 3 mesi… e poi essere rifatti di nuovo.

Ti piace stare in sala oltre che dietro al banco e perché?
Adoro stare in sala e adoro “la porta” – forse la cosa più importante del locale. Chi entra e chi no, il tipo di accoglienza ed il saluto: tutto questo fa il 70% della serata.

Torneresti (… o tornerai!), prima o poi, a lavorare in Italia? Perché si e perché no?
Penso di no… Adoro il nostro paese, ma purtroppo lo ritrovo sempre mal governato, fra leggi e burocrazia. Il modo in cui sono abituato a lavorare in Australia è troppo più semplice e veloce. Faccio “mea culpa”, ma non ci riuscirei più. Chi fa il mio lavoro in Italia e 200 volte più bravo di me.

In quale altra città del mondo (rispetto a quella in cui sei ora) vorresti andare a lavorare fulltime?
In due parole: NEW YORK

Che ricordo hai, se lo hai, di Dom Costa, primo bartender italiano a connettere il mondo dei cocktail italiani con il mondo della miscelazione mondiale negli ultimi 30 anni?
Mai conosciuto dal vivo, ma so che è un grande del bar: tantissime persone a me care gli volevano bene, fra grandi risate ed enorme stima umana e professionale. Quindi, anche da parte mia, solo tanto rispetto.

Quanto può crescere ancora la tua città in termini di miscelazione e – più in generale – in termini di ospitalità?
Di mese in mese, di anno in anno, Sydney è e sarà sempre più una delle città al top nel mondo.

Oltre al tuo, hai almeno tre bar preferiti (escludendo quelli dei Magnifici 7!)?
Certo che li ho! Katana Kitten a New York, Para De Sufrir a Guadalajara, Cartakers Cottage a Melbourne.

Dicci un aggettivo o una parola per ciascuno degli agli altri Magnifici 7
Simone Caporale: Geniale
Giacomo Giannotti: Avanguardia
Ago Perrone: Stile
Patrick Pistolesi: Passione
Alessandro Palazzi: Classe
Alex Frezza: Intelligenza

C’è qualcosa che non rifaresti? Qualcosa di cui ti sei pentito nella tua vita professionale, aldilà che tutte le esperienze portano a dove si è ora
Sinceramente? No!

Per superare gli stereotipi dell’italiano all’estero (stile “pizza, pasta e mandolino”), pensi sia meglio mostrare come si fa un Negroni a regola d’arte, oppure… cambiare cocktail?
Non ho mai avuto quel peso dello stereotipo; fortunatamente ci accompagnano anche esempi di successo: Ferrari, Gucci, Ferrero, Fendi, Giuseppe Verdi, Dante e Michelangelo, chi più ne ha più ne metta. Sta a noi “portare dall’Italia” quello che reputiamo giusto e opportuno, abbiamo sempre tanto da insegnare per non cadere negli stereotipi. Io non mi sono mai vergognato neanche di fare uno spritz, fa parte della nostra cultura.

Un piatto preferito da mangiare e uno da cucinare a casa
Uno su tutti? IL PESTO

Nel tempo libero: rifugio in montagna? Bungalow al mare o rustico in campagna?
Mare sempre e per sempre

Sei ambassador ufficiale di qualche brand?
Solo del mio, e lavoro con tutti

C’è qualcuno che consideri il tuo Maestro? E qualcuno che ti considera il suo?
Tante persone, ma io penso che nella vita non ti insegni mai niente nessuno. Devi solo rubare con i tuoi occhi, e io ho rubato a tanti.

Anche a te, da piccolo, avranno fatto la solita domanda “cosa vuoi fare da grande”. Tu cosa rispondevi?
Mi sono sempre visto nel settore dell’hospitality, volevo avere dei locali e alla fine ce l’ho fatta!

Si parla tanto di intelligenza artificiale: nel tuo lavoro, cosa lasceresti fare ad una macchina e cosa non gli lasceresti mai?
Riassumiamola così: gli farei fare i lavori duri… ma non gli farei mai fare all’amore.

Al tuo livello, il mondo del bartending si rivolge ad un target “alto”. Ti piacerebbe “aprire” le tue creazioni anche a chi ha meno possibilità? E come lo faresti? Dopotutto se Bottura si è inventato i Refettori…
Una volta che riuscirò a completare il mio progetto e a coprire le necessità economiche per la mia famiglia, mi farebbe tanto piacere sviluppare un progetto per la community.

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